C’è un paradosso che attraversa il settore della mobilità in questi anni. Da una parte, avanzamenti tecnologici che solo un decennio fa sembravano fantascienza: veicoli autonomi, infrastrutture intelligenti, sistemi di trasporto interconnessi. Dall’altra, sfide crescenti che rendono quel futuro sempre più complesso da raggiungere: frammentazione dei sistemi, costi di implementazione, competenze digitali da sviluppare, pubbliche amministrazioni da accompagnare nel cambiamento.
La risposta a questo paradosso ha un nome preciso: ecosistema. Non un’espressione da convegno, ma una scelta strategica che sta orientando in modo nuovo l’approccio dell’Italia alla trasformazione digitale della mobilità. Lo hanno ribadito con chiarezza i relatori all’evento Tecnologie digitali e AI per una mobilità smart e sostenibile tenutosi a Roma lo scorso 1° ottobre, dove si è fatto il punto sulla rete nazionale che è nata attorno a HD-MOTION, il progetto Seal of Excellence riconosciuto dalla Commissione Europea e finanziato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Quando la rete diventa metodo
“Mettiamo insieme la pubblica amministrazione, le grandi imprese, le PMI e le start-up, facendo lavorare gli ecosistemi territoriali dell’innovazione in un’unica rete nazionale”, ha spiegato Enrico Pisino di CIM durante l’evento romano. Una frase che potrebbe sembrare programmatica, se non fosse che dietro ci sono già fatti concreti: oltre 50 tipi di servizi finanziati fino al 100% per le PMI e le pubbliche amministrazioni, linee pilota dove testare soluzioni prima di investire, percorsi formativi per colmare il gap di competenze digitali, supporto nell’accesso ai fondi europei.
HD-MOTION, coordinato dal Competence Center CIM, non è un hub tra i tanti. È il progetto nazionale che abilita la transizione digitale e sostenibile del settore pubblico e privato della mobilità, puntando su tre tecnologie chiave: intelligenza artificiale, cybersecurity e High-Performance Computing. Tecnologie che non vivono nei laboratori, ma entrano nei processi reali delle aziende, nelle scelte strategiche delle amministrazioni, nella progettazione delle infrastrutture di domani.
Un partenariato che attraversa l’Italia
Quello che rende HD-MOTION un caso interessante è la composizione del suo partenariato. Università, centri di ricerca, grandi imprese e associazioni di categoria: mondi che spesso faticano a dialogare, qui si sono messi attorno allo stesso tavolo perché ciascuno ha capito che da solo non avrebbe le risorse, le competenze o la scala necessaria per affrontare una trasformazione così profonda.
I centri di ricerca e le università: dove nasce l’innovazione
Al cuore del progetto ci sono tre istituzioni accademiche di primo piano. Il Politecnico di Torino non è solo partner, ma motore scientifico dell’iniziativa, portando competenze consolidate in ingegneria dei trasporti, sistemi intelligenti e tecnologie per la mobilità. L’Università degli Studi di Napoli Federico II allarga la geografia della ricerca verso il Mezzogiorno, contribuendo con expertise nei sistemi di trasporto e nell’ingegneria. La Fondazione Bruno Kessler di Trento completa il triangolo portando la sua esperienza nell’intelligenza artificiale, nella cybersecurity e nelle tecnologie digitali, con particolare focus su digital society e digital industry.
Accanto a loro, due poli di innovazione che fanno da ponte tra accademia e industria. La Fondazione LINKS – Leading Innovation & Knowledge for Society, nata dall’accordo tra Compagnia di San Paolo e Politecnico di Torino, opera nella ricerca applicata, nell’innovazione e nel trasferimento tecnologico, presidiando discipline che spaziano dall’AI all’IoT, dalla cybersecurity ai sistemi satellitari. RadioLabs, Consorzio di Ricerca con sede a Roma e all’Aquila, è specializzato in tecnologie per sistemi di trasporto autonomi e sicuri: dalla geo-localizzazione multi-sensore alle telecomunicazioni V2X (vehicle-to-everything) per la guida connessa e autonoma, con particolare focus sui sistemi ferroviari ERTMS e sull’automotive CCAM (Cooperative, Connected and Automated Mobility).
Le imprese: dalla tecnologia al mercato
Sul fronte industriale, il mix è altrettanto strategico. AlmavivA Group, leader italiano nell’Information & Communication Technology con 41.000 dipendenti e un fatturato di 1,4 miliardi di euro, mette in campo la capacità di gestire progetti complessi di digitalizzazione su larga scala. Il gruppo opera in settori chiave come trasporti e logistica, pubblica amministrazione, banche e sanità, portando al progetto competenze consolidate nella trasformazione digitale e nell’integrazione di sistemi complessi. Intesa Sanpaolo, tra i principali gruppi bancari italiani, contribuisce non solo con strumenti di finanza agevolata per chi vuole investire in digitalizzazione, ma anche attraverso il suo ecosistema di innovazione e supporto alle imprese nella transizione tecnologica.
CIM – Competenze per Industria e Manifattura, il Competence Center che coordina l’intero progetto, è il nodo che tiene insieme ricerca, impresa e territorio. Con i suoi 5.000 mq di linee pilota tra digital factory e additive manufacturing, CIM offre alle aziende della mobilità la possibilità di testare soluzioni concrete prima di investire, riducendo il rischio imprenditoriale e accelerando l’adozione di tecnologie avanzate.
Gli abilitatori: chi fa funzionare l’ecosistema
Due soggetti completano il quadro con ruoli complementari ma essenziali. Il Cluster Trasporti, associazione riconosciuta dal Ministero dell’Università e della Ricerca, raggruppa i maggiori attori nazionali industriali e scientifici che operano nella mobilità su gomma, su rotaia, su vie d’acqua e nell’intermodalità. Con 73 realtà italiane tra università, enti di ricerca e imprese, il Cluster fa da antenna verso le istituzioni e facilita l’incontro tra domanda e offerta di innovazione, trasformando le esigenze reali delle aziende in progetti finanziabili.
L’Unione Industriali Torino, associazione territoriale di Confindustria attiva dal 1906, rappresenta il tessuto imprenditoriale del territorio che ha fatto della mobilità – dall’automotive all’aerospazio – la propria spina dorsale industriale. Il suo ruolo è garantire che i servizi di HD-MOTION rispondano ai bisogni concreti delle imprese manifatturiere, creando quel collegamento essenziale tra ricerca e applicazione industriale.
Perché la collaborazione pubblico-privato non è più un’opzione
In un settore come la mobilità, dove convivono automotive tradizionale e veicoli elettrici, trasporto pubblico e sharing mobility, logistica e micromobilità urbana, nessun attore ha da solo tutte le risposte. Le università producono conoscenza ma hanno bisogno di chi la trasforma in prodotto. Le grandi imprese hanno scala e risorse ma cercano agilità e innovazione. Le PMI hanno idee e velocità ma necessitano di infrastrutture e competenze. Le pubbliche amministrazioni devono gestire la transizione ma partono spesso da gap tecnologici enormi.
Questa collaborazione trasversale permette di condividere infrastrutture, dati e competenze, generando progetti di valore per l’intero Paese. Non è retorica: significa che una PMI lombarda può accedere a una linea pilota torinese, che un’amministrazione campana può formarsi su tecnologie sviluppate a Trento, che una startup può testare la propria soluzione su casi d’uso reali definiti dal Cluster Trasporti.
HD-MOTION ha strutturato i propri servizi su quattro pilastri che rispondono esattamente a queste necessità. Il test before invest permette di sperimentare prima di investire, riducendo il rischio imprenditoriale. I percorsi di skills and training colmano il gap di competenze digitali che spesso blocca l’innovazione. Il supporto nell’accesso ai finanziamenti – da quelli europei a quelli del PNRR – abbatte la barriera economica che frena anche gli imprenditori più lungimiranti. La creazione di un ecosistema nazionale e internazionale fa sì che lo scambio di esperienze diventi prassi, non eccezione.
Da Napoli a Trento, da Milano a Torino: una rete che funziona
La geografia di HD-MOTION non è casuale. Copre territori che hanno fatto della mobilità e dei trasporti asset strategici, ma con specializzazioni diverse. Torino porta l’automotive e l’aerospazio, Napoli l’ingegneria dei trasporti, Trento le tecnologie digitali avanzate e la ricerca sull’intelligenza artificiale. Ogni nodo della rete contribuisce con le proprie eccellenze, ma tutti lavorano su un obiettivo comune: far fare alle PMI e alla PA un grande salto tecnologico, imprimendo una rapida accelerazione allo sviluppo di soluzioni tecnologiche abilitanti.
L’ecosistema non è solo una rete di soggetti che si scambiano informazioni. È una piattaforma operativa dove la collaborazione si trasforma in crescita industriale misurabile: nuove competenze acquisite, tecnologie adottate, progetti finanziati, mercati aperti. È il luogo dove un’amministrazione comunale può capire come implementare un sistema di gestione del traffico basato su intelligenza artificiale, dove un’azienda di logistica può testare soluzioni per veicoli autonomi, dove una startup può validare un’idea su cybersecurity automotive prima di cercare investitori.
Oltre i confini del proprio orticello
C’è un cambio di paradigma in corso, e HD-MOTION ne è espressione concreta. Per anni il modello italiano dell’innovazione è stato frammentato: eccellenze locali che faticavano a dialogare, competenze disperse, progetti che si fermavano al confine regionale. Ora la logica si sta invertendo. Gli ecosistemi territoriali non scompaiono – anzi, mantengono la loro specificità – ma imparano a lavorare in rete, a condividere infrastrutture e competenze, a pensarsi come parte di un sistema più grande.
Non è solo efficienza. È l’unico modo per competere in un mercato europeo e globale dove la mobilità sta cambiando più velocemente di quanto i singoli territori possano seguire da soli. Quando un’impresa torinese può accedere a competenze napoletane, quando una pubblica amministrazione può imparare da esperienze trentine, quando una startup può scalare grazie a una rete che copre l’Italia, allora l’ecosistema smette di essere una parola e diventa un vantaggio competitivo.
Il paradosso iniziale – tecnologie avanzate che rendono la mobilità sostenibile sempre più complessa da realizzare – trova così una via d’uscita. Non nella semplificazione, ma nella capacità di fare sistema. Di mettere in comune risorse, competenze, visioni. Di far lavorare insieme università che formano, imprese che producono, istituzioni che abilitano. Di trasformare la collaborazione pubblico-privato da slogan a metodo.
Perché l’innovazione, come ha ricordato Enrico Pisino a Roma, cresce davvero solo quando diventa rete. E HD-MOTION sta dimostrando che quella rete, in Italia, si può costruire.